Intervista con un editor: Alessandra Zengo

CHI E’?
Alessandra Zengo, editor e digital strategist, nella vita corregge libri, risolve casi editoriali complicati e crea strategie online per scrittori che vogliono fare sul serio.
Come dice lei stessa sul suo sito: “Mi prendo cura delle parole (e delle idee) altrui, dato che le mie non mi bastano”. Alessandra è anche la mia editor che mi sta aiutando con il mio romanzo d’esordio “ROMA: sabbia e sangue“. Con questa premessa l’ho intervistata diversi mesi fa sul mestiere di editor.
INTERVISTA
Di professione fai l’editor. Qual è il tuo ruolo nella stesura di un libro?
Correggo il manoscritto, a più livelli e stadi. Posso collaborare con l’autore fin dall’inizio, dallo sviluppo dell’idea, oppure quando esiste già una bozza da preparare per l’invio alle case editrici oppure per la pubblicazione. Nel caso in cui si voglia pubblicare, il solo editing non basta, e sono necessari almeno 2/3 giri di correzione di bozze.

Per quanto riguarda l’editing in sé, lavoro sia sulla forma — spesso gli scrittori hanno bisogno di una guida per migliorare il proprio stile, o per trovarlo — sia sul contenuto.

La trama è solida o ci sono plot holes, come nelle sceneggiature delle serie TV? I personaggi sono ben delineati oppure sono a due dimensioni, quando non dovrebbero esserlo? I dialoghi funzionano, sono realistici? Ci sono problemi di registro linguistico?

Insomma, l’editor rivela all’autore la possibilità di un testo diverso, un testo che potrebbe essere migliore di come è.

Molte persone confondono il ruolo dell’editor con il semplice correttore di bozze. Ci dici le differenze più marcate tra i due ruoli?

L’editor lavora molto di più e più a lungo sul testo, e idealmente può proporre all’autore qualunque tipo di modifica (non arbitraria, s’intende): struttura, trama, personaggi, dialoghi, punteggiatura, stile, ecc. Alla fine, l’editor e l’autore discutono su ogni singola parola. Questo perché ogni singola parola del manoscritto — almeno in un mondo ideale — dovrebbe essere pensata, ragionata, voluta in una forma e in una collocazione spaziale specifiche.

Il correttore di bozze, invece, può contare su una maggiore oggettività. Quando ha davanti delle bozze preparate da un redattore, segnala problemi tipografici e d’impaginazione, corregge la grammatica e la punteggiatura, segnala incongruenze (quindi sì, anche il correttore di bozze si muove sul contenuto del testo e non solo sulla sua forma).

Come è nata la tua passione e la conseguente specializzazione in questo ruolo?

Non sapevo di voler fare l’editor finché non ho cominciato a farlo. Per me vale il detto “l’appetito vien mangiando”, ma applicato all’editoria.

Un momento cruciale, però, c’è stato: quando ho deciso che l’etichetta “editor” descriveva il mio lavoro e che, da quel momento, potevo propormi come professionista. È stato un momento cruciale perché per gli editor non c’è un albo professionale, un’autorità superiore che investa l’aspirante editor e gli permetta di “esercitare”.

Sei un editor quando fai l’editor, ti pagano per questo — come freelance o all’interno di una casa editrice — e vivi del tuo lavoro. Si spera, comunque, che tu lo sappia fare come la Dea delle Lettere comanda. Ma non è sempre il caso.

Raccontaci la tua giornata tipo da editor.

Non esiste una “giornata tipo” per un editor freelance (almeno, non per me), ma ci provo. Mi sveglio tra le sei e le nove, apro le finestre dello studio (è la stanza accanto alla camera da letto e ci tengo delle piante che hanno bisogno di luce), poi faccio colazione e scendo a coccolare le bestie che infestano il giardino (cioè i canidi). Se ho delle consulenze programmate, mi sveglio almeno un’ora prima dell’appuntamento (l’“orario d’ufficio” parte alle 9), così non rischio di avere una voce dall’oltretomba, dato che devo parlare per una, due o tre ore.

Se non ho impegni per il mattino, invece, me la prendo comoda, anche se ho notato che se comincio a lavorare alle sette sono più produttiva del 70% (percentuale sparata a caso, ma giusto per dare un’idea dell’incremento esponenziale della produttività direttamente proporzionale all’orario). Comincio dalle e-mail: rispondo a quelle urgenti, “flaggo” le altre in base al mittente (editore, cliente, collega, ecc.) e del tipo di lavoro, poi a seconda della to do list giornaliera scrivo i copy per i social dei miei clienti (Facebook e Instagram), correggo articoli e newsletter. Insomma, faccio prima le cose veloci, diciamo così. Quando proprio non mi resta niente da fare, edito (a parte quando sono sotto consegna, allora edito tutto il giorno per più giorni di fila, ma se posso evito).

Al pomeriggio (e alla sera), poi, leggo manoscritti, sull’iPad o sul cartaceo, scrivo schede di lettura, testi di varia natura editoriale (succede quando lavoro a un progetto di sito web per The Sign of the Two, per esempio) e le “cose mie”, cioè articoli e newsletter, anche se succede più raramente. Una volta al mese, diciamo.

Non ti annoi mai a leggere gli scritti degli altri?

Certo che mi annoio! Non vedo come sia possibile non annoiarsi, di tanto in tanto, in qualsiasi tipo di lavoro. Il punto, credo, è che l’editing è un lavoro “noioso”. Serve concentrazione, attenzione, vigilanza costante della parola scritta. Ma soprattutto, bisogna leggere e rileggere le stesse parole per decine e decine di volte. Alla decima revisione, sfido chiunque a non sentirsi nauseato. Però lo faccio lo stesso (ma questo vale anche per l’autore) per una sorta di dedizione al testo. Non che alla fine venga perfetto, però quell’illusione c’è e persiste. È l’ideale regolativo dell’editing, il più che perfetto che io e l’autore possiamo cavare dalla primissima versione, almeno. L’editing è una sfida, e se abbandoni solo per un po’ di mal di mare… allora non ne vale la pena.

Ti è mai capitato che qualche scrittore (o aspirante tale) contestasse il tuo lavoro rifiutandosi di modificare la propria opera?

Sì, anch’io ho avuto la mia buona dose di brutte esperienze. Al momento, però, è accaduto soltanto quando ho lavorato a progetti gratuiti. Vorrà dire qualcosa?

In generale, credo non succeda nel mio lavoro da freelance perché gli autori mi scelgono e io scelgo loro, quindi è davvero improbabile che sorgano problemi o incomprensioni. È per questo che ho lavorato e lavoro tantissimo sulla mia comunicazione, sul mio tono di voce, sulle cose che scrivo: chi mi sceglie già mi conosce un po’.

Tra gli scrittori a cui hai fatto editing, ti è capitata qualche penna che poi è diventata famosa?

Certo, in alcuni casi ho anche negoziato il loro contratto editoriale e ricevuto una percentuale sul risultato a quattro zeri (per i cinque o sei ci sto lavorando, eh!). In generale, comunque, ho lavorato più con scrittori noti che con scrittori che poi sono diventati famosi dopo di me.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest